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Bertani editore ribelle. Intervista a Marc Tibaldi

A ottobre sarà nelle librerie il libro Giorgio Bertani editore ribelle con il dvd Verona city lights, pubblicato da Milieu Edizioni. 

Il docufilm Verona city lights raccoglie i contributi di Giorgio Bertani, Alberto Tomiolo, Antonio Moresco, Carlo Rovelli, Raffaella Poldelmengo, Tiziana Valpiana, Tita Novello Paglianti, Fiorenzo Angoscini, Mauro Tosi, Walter Peruzziil racconto della collaborazione con Dario Fo e Franca Rame; e si avvale delle musiche originali del grande jazzista Claudio Fasoli.

Il libro racconta la vita della Bertani Editore e del suo fondatore, passando da Dario Fo a Horst Fantazzini, da Georges Bataille a Franco Berardi Bifo, da Paul Nizan a Jacques Derrida, da Antonio Moresco a Carlo Rovelli, dalla RAF alle BR, dai Tupamaros all’IRA, da Carlo Feltrinelli a Felix Guattari, dalla Palestina al Cile, dal Vietnam alla Cina, dalla Resistenza ai movimenti degli anni ’70, da Franca Rame a Gilles Deleuze… e così ancora per altre vie di fuga in una prospettiva vertiginosa che attraversa fuochi del pensiero e insorgenze sociali.

Questo è Giorgio Bertani editore ribelle. Verona city lights. Un libro+film che mette in moto desideri, critiche e creazioni. Un contributo per l’invenzione di socialità dove solidarietà e sapere liberino le potenze delle intelligenze individuali e collettive. Per l’occasione abbiamo intervistato Marc Tibaldi, uno dei promotori e curatori del progetto.

Il 21 settembre al Cinema San Michele di Verona verrà proiettato – come ouverture a Brutti Caratteri 2020 – in anteprima il docu-film dedicato a Giorgio Bertani. Venuto a mancare lo scorso anno, Giorgio è stato una figura intellettuale di spicco nell’Italia della Prima Repubblica. Potresti raccontarci in breve la sua vita?

Il film inizia con un pezzo emozionante in cui Giorgio racconta la sua “educazione politica”, quando, negli anni ‘50, ragazzino di famiglia proletaria, seguiva le lotte e gli scontri con la polizia degli operai della Galtarossa. Compì degli studi al seminario, interrotti a causa del suo spirito ribelle, che gli diedero la formazione culturale per lavorare prima in archivio e poi in libreria, fino a diventare libraio lui stesso e poi editore. Cultura e passione politica, su questi due binari correrà tutta la sua vita, oscillando tra socialismo rivoluzionario con venature anarchiche, marxismo critico luxemburghiano e operaista, influenza delle controculture degli anni ’60.

Più o meno le scansioni della sua vita potrebbero essere così riassunte: 1962: rapimento, con altri rivoluzionari, del viceconsole spagnolo per salvare la vita di un antifranchista condannato a morte; anni ’60 lavoro di libraio e organizzatore politico; anni ’70 e ’80 i due decenni più significativi della Bertani Editore; anni ’90 e i 2000 l’impegno pacifista, umanitario e gli incarichi politici amministrativi come consigliere circoscrizionale e comunale a Verona, con il gruppo politico dei Verdi. Una vita da agitatore politico-culturale, non un editore puro, che aveva affinità con figure come Primo Moroni e Giangiacomo Feltrinelli.

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Intervista a Marc Tibaldi – Malorarivista.it

Per molti a Verona Giorgio Bertani è stato un amico, un compagno e spesso una persona con cui discutere e magari incazzarsi per strada quando lo si incrociava con la sua immancabile bicicletta. Nel contesto nazionale qual è stata l’influenza di Giorgio e della Bertani editore?  

Direi che è legata al suo periodo migliore come editore, cioè dalla fine degli anni ’60 a metà degli anni ’80. Con la pubblicazione di autori e titoli importantissimi. Oltre a occuparsi dei suoi libri, Bertani era attivissimo come organizzatore delle associazioni di editori di sinistra, da Editoria Democratica alla fondazione di Editoria Indipendente. Uno dei suoi crucci era rendere più democratico il sistema librario italiano, dalle librerie alle distribuzioni, creando degli spazi di agibilità politico-culturale liberi dall’influenza dei grandi gruppi editoriali. Fare grande editoria per vent’anni non è facile, ma soprattutto non è facile lasciare un segno originale, come credo abbia fatto Giorgio.

Dai più significativi titoli di Dario Fo alle traduzioni di autori come Luxemburg, Bataille, Nizan, Guattari, Deleuze, Derrida, dalle istanze e dalle lotte dei movimenti degli anni ’70 – di cui lui era partecipe – all’attenzione alla cultura popolare, al mondo contadino e alle loro trasformazioni. Questo era lo “stile” Bertani: fiutare lo zeitgeist, lo spirito dei tempi, e presagirlo quando era possibile. La Bertani editore fu una bella esperienza di condivisione, difficile anche perché, come dice nel film Carlo Rovelli che con lui pubblicò Fatti nostri, Bologna 1977, “Giorgio non aveva un carattere facile”, ma nel corso degli anni la collaborazione di tanti intellettuali fu importante, a iniziare da Alberto Tomiolo e Franco Rella, passando per Antonio Moresco, Carlo Mazzacurati, Donatella Levi, Alida Airaghi, Ivano Spano, e molti altri. Negli anni ’70 ci fu un fiorire di editori alternativi, ma pochi ebbero la capacità di essere sempre “sul pezzo”, surfando l’onda dei movimenti, provocandola, ma anche deviando dai luoghi comuni, valorizzando ambiti insoliti, creando collegamenti e facendo rete.

Il docufilm non racconta solo la storia della casa editrice, dedica un capitolo importante a Verona e alle specificità veronesi..

Il libro e il docufilm hanno un respiro nazionale e internazionale, ma attraversano anche la storia della città di Verona, sede della Bertani Editore. Raccontano un interessante spaccato delle lotte e delle presenze politico-culturali della sinistra cittadina degli anni ’60 e ’70. Tutte le testimonianze portano contributi importantissimi e la presenza di un intellettuale come Walter Peruzzi – purtroppo scomparso – è un vero gioiello. Il docufilm infrange anche il luogo comune che vuole una Verona conservatrice e sempre uguale a sé stessa, dimostrando la ricchezza di idee e pratiche politico-culturali innovative, di movimenti e di individualità di grande interesse. Rimanendo in ambito veronese – ma vendendo al presente – vale la pena di ricordare che il crowdfunding per sostenere questo progetto ha avuto un bel successo, coinvolgendo più di 200 persone, la maggior parte della città e della provincia.

Pensi che la sua storia, e i percorsi molteplici che ha attraversato, possano ancora raccontare e stimolare le generazioni e le persone che non lo hanno conosciuto in vita?

Non c’è dubbio, la storia di Bertani è così viva, piena di intuizioni, proposte, collaborazioni, avventure che non lasciano indifferenti. Una fortissima scossa vitale attraversa il suo operare. “Cambiare la vita, trasformare il mondo. L’arte, la poesia, la rivoluzione e l’amore scrivevano i surrealisti, è ancora con tutte queste cose assieme che dobbiamo fare i conti. Bertani ha camminato su questo sentiero difficile e bello e ci ha regalato la visione di paesaggi impossibili che ci sono necessari per guardare il futuro.

TI faccio un’ultima domanda. L’idea del docu-film Verona city lights sembra nata per guardare al futuro più che al passato, o sbaglio?

Sì, da quando è nato il progetto del docufilm non ha avuto solo l’obiettivo di riannodare i fili della memoria con l’esperienza della Bertani Editore, con i movimenti degli anni ’60 e ’70 e le loro vivaci presenze, mirava a qualcosa di più. All’epoca eravamo un gruppo di attivisti che avevano attraversato l’esperienza del centro sociale occupato autogestito La Chimica, scrivevamo: “Attraverso l’intreccio di testimonianze e l’esperienza editoriale di Giorgio Bertani, raccontare quegli anni senza indugio alla nostalgia, creare un film che possa funzionare come ordigno mitopoietico che metta in moto desideri, critiche e creazioni. Un contributo per l’invenzione di socialità dove solidarietà e sapere possano liberare le potenze delle intelligenze individuali e collettive. Un film sul futuro, non sul passato”.

Nel 2010, registrammo alcune interviste, a Bertani e ad altri attivisti. Poi ci incagliammo. Era nato come progetto complesso, sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista estetico. Troppo. Almeno per i mezzi economici e tecnici di cui disponevamo. La morte di Giorgio Bertani, nel 2019, è stata l’occasione per rilanciare l’idea del film e del libro allegato. Abbiamo reso l’idea “telegrafica” e concluso il montaggio solo con le interviste girate nel 2010 (ad eccezione del video di Carlo Rovelli, realizzato nel 2019), rinunciando ad articolazioni narrative e a una realizzazione formale più ambiziosa. Un montaggio essenziale una sceneggiatura costruita alla riversa. Ma con la presunzione che anche con questa essenzialità i contenuti possano parlare ancora forte al futuro. Con una presunzione tutta “bertaniana” possiamo dire che, come la vita di Giorgio, anche questo film e il libro che lo accompagna sono attraversati da una scossa vitale che produrrà dei divenire.

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