Macrino, noto per il suo eloquente regno nell’impero romano, è un personaggio che merita attenzione non solo per la sua ascesa al potere, ma anche per i suoi legami con alcuni dei momenti più critici della storia romana.
Sebbene la sua figura possa assumere un ruolo secondario rispetto ad imperatori più conosciuti, come Caracalla ed Eliogabalo, la sua storia è ricca di colpi di scena e intrighi politici. Questa narrazione non solo esplora chi fosse Macrino, ma offre anche uno sguardo sulle dinamiche di potere che hanno caratterizzato quel periodo.
Nato intorno al 164 d.C. a Cesarea di Mauretania, attuale Algeria, Macrino proveniva da una famiglia con origini nell’ordine equestre. È interessante notare che il suo rango lo collocava immediatamente al disotto dello status senatoriale, posizionandolo in un limbo di aristocrazia. La sua vita prima di diventare imperatore non è ben documentata, ma si sa che coltivò rapporti significativi con Plauziano, il prefetto del pretorio sotto Settimio Severo, un’indicazione del potenziale che Macrino possedeva già in ottica di carriera.
La carriera di Macrino subi un’accelerazione notevole quando nel 212 Caracalla lo nominò prefetto del pretorio. Questo ruolo non solo garantì a Macrino un’enorme influenza, ma lo mise anche a stretto contatto con i meccanismi di governo. Tuttavia, la stabilità di queste relazioni si incrinò con il passare del tempo. Dalla sua sede di potere, Macrino iniziò a manifestare la sua ambizione, ma con altrettanta determinazione si creò nemici; ciò che era inizialmente una partnership strategica si trasformò in rivalità.
In un episodio chiave avvenuto nel 217, Caracalla fu assassinato durante una campagna militare contro i Parti. Non si possono escludere sospetti sull’eventuale coinvolgimento di Macrino in questa congiura. Quel che è certo è che, dopo la morte dell’imperatore, Macrino si proclamò imperatore grazie al supporto delle legioni orientali, segnando un’immediata trasformazione da un funzionario a un leader in carica.
La proclamazione di Macrino come imperatore avvenne in un contesto di instabilità e sfide politiche. Era il primo a sedere sul trono imperiale con origini non senatoriali, un fatto significativo. Questo non passò inosservato al senato di Roma, che accolse con scetticismo la sua ascesa. Tuttavia, Macrino non si lasciò intimidire dalle pressioni politiche. Associò al suo trono il figlio Diadumeniano, creando così un’idea di continuità dinastica.
Il desiderio di mantenere l’unità tra le legioni fu il cuore della strategia di Macrino. Anche se cercò di omaggiare Caracalla attraverso solenni funerali, il suo approccio venne visto come un fallimento immediato. Nonostante i suoi sforzi, la sua politica fiscale lo mise in conflitto con una parte delle forze armate, che iniziavano a dubitare delle sue capacità di comandare. Inoltre, la sua reputazione finì per farsi strada come un imperatore rude e sanguinario, desideroso di ristabilire controlli ferrei e disciplina.
Un aspetto fondamentale della sua reggenza fu la guerra contro i Parti, che minacciavano le frontiere romane. Dopo tre giorni di combattimenti a Nisibis, Macrino si ritrovò in difficoltà e fu costretto a chiedere una tregua. Questo fallimento militare erose ulteriormente la sua legittimità agli occhi delle legioni e dei senatori e creò opportunità per rivali interni.
La precarietà del potere di Macrino si consolidò ulteriormente in un contesto di cospirazioni. Dopo aver ordinato il rimpatrio delle donne della famiglia Severi per prevenire eventuali vendette, innescò la rivolta delle legioni, che iniziarono a proporsi Eliogabalo, il giovane nipote di Caracalla, come nuovo imperatore. Nella confusione politica che seguì, la legione III “Gallica” si schierò con il cugino, armando la coscienza degli uomini contro Macrino.
Il 8 giugno 218, alla battaglia di Antiochia, i lealisti di Macrino furono sconfitti, segnando la sua definitiva caduta. Fuggito, Macrino si trovò senza alleati e, giunto in Cappadocia, venne catturato dalle forze di Eliogabalo. La sua esecuzione segnò la fine di un regno che durò solo 14 mesi. In quel periodo tumultuoso, il suo sogno di costruire una dinastia attraverso suo figlio Diadumeniano svanì: il ragazzo venne ucciso poco dopo, lasciando l’impero romano in una fase di transizione che presto avrebbe visto l’emergere di Eliogabalo come nuovo imperatore.
E così, Macrino e il suo breve regno dovettero cedere il passo a una nuova era, ma la storia del suo arrivo e della sua caduta rimane un esempio avvincente di come il potere possa mutare rapidamente nell’Impero Romano. La sua figura, anche se poco studiata, offre uno spaccato affascinante delle lotte e delle complessità che segnarono quel periodo.
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