Molti conoscono la bellezza della diversità culturale, ma pochi sono a conoscenza di quanto sia fragile la lingua che la supporta.
L’UNESCO ci avverte che circa il 40% delle lingue nel mondo è a serio rischio di estinzione, un fenomeno che ha implicazioni enormi sulla ricchezza culturale del nostro pianeta. In questo articolo ci immergeremo nel drammatico mondo delle lingue a rischio, esplorando le cause, i numeri, nonché le iniziative per preservarle.
In un panorama linguistico così vasto, con stime che parlano di oltre 7.000 lingue parlate globalmente, quello che molti non sanno è che un grande numero di esse è sul punto di scomparire. L’UNESCO, in un rapporto allarmante, stima che circa il 40% delle lingue attualmente parlate possa non sopravvivere alle prossime generazioni. Questo fenomeno non è solo un triste capriccio del destino, ma il risultato di una serie di fattori socioculturali, economici e politici che costringono le piccole comunità linguistiche ad abbandonare le loro lingue tradizionali per abbracciare quelle più dominanti. In effetti, il rischio di estinzione linguistica è una questione che merita una seria riflessione.
Diverse lingue in pericolo possono essere trovate in tutto il mondo, ogni continente ha le sue peculiarità. Ad esempio, secondo quelli che sono i dati dell’Atlante delle Lingue a Rischio dell’UNESCO, circa 3.000 lingue sono attualmente classificate come “in pericolo”. Per capire se una lingua è effettivamente a rischio, diversi fattori sono messi in considerazione, come il numero di parlanti, l’età media di chi la parla, e la percentuale di giovani che continuano ad apprenderla. Se non ci sono adeguate politiche di riconoscimento in un paese, il declino può accelerare, aumentando le probabilità di estinzione.
Regioni come l’Africa sub-sahariana, l’Amazzonia e il Sud-est asiatico sono attualmente sotto minaccia. L’Australia, per esempio, ha già visto il 90% delle sue lingue aborigene andare in estinzione. Attualmente, si contano ben 133 lingue in pericolo critico nel paese. Le cause di questa erosione linguistica sono spesso strettamente legate a processi storici come la colonizzazione e la globalizzazione che hanno portato alla predominanza di lingue come l’inglese e lo spagnolo.
Come l’UNESCO definisce il rischio linguistico
L’UNESCO, per meglio classificare il rischio di estinzione delle lingue, ha sviluppato un sistema di cinque livelli che delineano il grado di vulnerabilità di ciascuna lingua. La prima categoria, definita “vulnerabile”, riguarda le lingue ancora parlate da tutti i gruppi generazionali, ma che tendono a essere meno utilizzate tra i giovani. La seconda categoria, “in pericolo”, descrive lingue che non vengono più apprese dai bambini come lingua madre. Poi abbiamo il livello “seriamente in pericolo”, dove ci sono solo gli anziani a parlare la lingua, e “in pericolo critico” per le lingue usate sporadicamente da un numero ristrettissimo di persone. Infine, c’è l’ultima categoria, l’ “estinta”, ovvero lingue che non hanno più parlanti.
Questo sistema di classificazione è cruciale per comprendere l’entità della crisi linguistica a livello globale. Infatti, ogni lingua rappresenta non solo una forma di comunicazione, ma un’intera cultura, storia e una visione unica del mondo che si rischia di perdere per sempre se non si interviene. Le parole e le espressioni di una lingua portano con sé una ricchezza di idee e concetti che spesso non possono semplicemente essere tradotti in altre lingue.
Cause della scomparsa delle lingue
Oltre al riconoscimento ufficiale, ci sono tanti fattori che contribuiscono alla scomparsa delle lingue. La globalizzazione e l’urbanizzazione, per esempio, spingono le persone a lasciare le proprie comunità per cercare migliori opportunità economiche nelle città, dove predominano le lingue più diffuse. Le politiche linguistiche dei vari stati possono amplificare questo fenomeno; in molte nazioni, le lingue ufficiali vengono privilegiate, mentre le lingue indigene sono relegate a contesti familiari o addirittura dimenticate. Prendiamo in considerazione il caso della Turchia, dove il curdo è stato storicamente soggetto a severe restrizioni, contribuendo alla sua erosione.
Inoltre, c’è una questione di trasmissione intergenerazionale: i più giovani, attratti dagli orizzonti globalizzati e dai vantaggi collegati alle lingue più parlate, tendono a trascurare il valore delle lingue tradizionali. In contesti urbani, dove le opportunità di lavoro sono concentrate attorno a lingue maggioritarie, questo fenomeno diventa sempre più marcato, ponendo le tradizioni linguistiche in uno stato precario e vulnerabile.
Tra le lingue a rischio di estinzione, possiamo menzionare l’Ainu, parlata in Giappone, che ha un numero di parlanti critico, la maggior parte dei quali è costituita da persone anziane. Ci sono, infatti, solo pochi individui che parlano fluentemente questa lingua. Altro caso è quello del Yuchi negli Stati Uniti, con meno di dieci parlanti fluenti. In Sud America troviamo il Kawésqar, una lingua che conta anch’essa solo una decina di parlanti anziani. Anche nelle Filippine, le lingue Buhid e Hanunoo mostrano evidenti segni di declino.
Inoltre, il Pacifico è una regione particolarmente critica, registrando circa 250 lingue a rischio. L’Africa non è da meno, con ben 217 lingue che si trovano in pericolo. La situazione è davvero allarmante e richiede un’azione immediata per salvaguardare queste lingue preziose e, di conseguenza, le culture che esse rappresentano.