L’edizione 2021 del Bridge Film Festival è lo spunto per una rassegna cinematografica dedicata all’idea di spazio e a quei confini che separano il vicino dall’altrove.
Chilometro zero, ovvero, in gergo commerciale, una merce prodotta e venduta nella medesima area. Un qualcosa di strettamente vicino, a contatto con la nostra realtà (con la nostra quotidianità) eppure spesso estraneo. Il Bridge Film Festival in questa sua seconda ostinata edizione pandemica elegge proprio questo termine, km0, a tema trainante del proprio programma, che comprende come da tradizione eventi musicali, performance di danza, esibizioni artistiche, ma soprattutto cinema, confermandosi anche quest’anno come evento cardine della cinefilia veronese.
Un festival che inevitabilmente va a colmare un vuoto duraturo, quello creato dall’arrivo del coronavirus e dall’ondata di DPCM ministeriali. Mentre l’edizione dello scorso anno, quel 2020 maledetto in cui comunque il virus ci ha “regalato” una breve tregua estiva, evadeva dallo scenario emergenziale per dedicare il programma alle speranze, delusioni ed energie della “Generazione Z”, quella corrente, svoltasi tra il 14 e il 17 luglio scorsi, ha scelto di oltrepassare il tema pandemico con audacia. Attraversandolo.
Vicinanza, distanza, contatto, prossimità: parole il cui significato scontato in periodo pandemico ha improvvisamente acquistato una risonanza straordinaria e, tutto considerato, inquietante. Parole che hanno anche ispirato le menti di artisti di tutto il mondo, lasciando un segno, come dimostrano le illustrazioni di Opera Aperta esposte al Bridge. Il progetto ideato da Agnese Barbarani e sostenuto da 045 Publishing e Circolo del Cinema ha avuto luogo durante il lockdown, in cui illustrazioni di vari artisti hanno sostituito le locandine dei film nelle loro teche fuori dalle sale cinematografiche veronesi. Un’iniziativa straordinaria, che in un periodo di grande difficoltà per il mondo degli esercenti dello spettacolo si è posta come commento critico in una veste pacifica e davvero suggestiva, lasciando parlare le immagini. Perché spesso un bel silenzio non fu mai scritto.
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