DENTRO LE MURA

Confindustria Verona: le imprese continuano a crederci e vogliono assumere ma c’è un problema

A Verona diverse aziende vorrebbero assumere nuovo personale ma purtroppo c’è un problema. Vediamo di cosa si tratta.

Imprenditori in cerca di dipendenti da un lato e giovani disoccupati dall’altro lato. Le aziende vorrebbero assumere ma c’è un problema che ostacola il lavoro in Italia: un problema che va avanti da anni.

Il Reddito di Cittadinanza è stato abolito e il sussidio che lo ha sostituito – l’Assegno d’Inclusione – non viene erogato ai giovani in salute e in grado di lavorare. Eppure la disoccupazione giovanile non è sparita e non è nemmeno diminuita più di tanto. Non sicuramente quanto si sarebbe ipotizzato dopo l’abolizione del sussidio grillino.

Le industrie, soprattutto in certe città del Nord come, ad esempio, Verona, vorrebbero assumere ma non trovano personale. Stesso problema che da anni lamentano i ristoratori di Milano o gli albergatori della riviera che cercano personale anche solo per la stagione estiva ma non trovano nessuno.

Dov’è il problema? Perché domanda e offerta fanno così tanta fatica ad incontrarsi in Italia? E perché i giovani in Italia non trovano lavoro ma all’estero sì? Il problema è evidente ed esiste da tanti, troppi anni.

Le aziende vogliono assumere ma non possono: ecco perché

Le aziende vorrebbero assumere tanti giovani ma si trovano nell’impossibilità di farlo. I giovani vorrebbero trovare un buon lavoro ma devono andare all’estero per trovare un’occupazione. Cosa sta succedendo in Italia? Analizziamo il problema.

Ci sono tanti giovani disoccupati eppure le aziende non trovano personale/Malorarivista.it

A Verona il 42% delle aziende è preoccupato di non riuscire a trovare personale. La ragione viene spiegata in modo esaustivo e chiaro da Confindustria: nella maggior parte dei casi mancano i candidati mentre in altri casi i pochi candidati che si presentano ai colloqui, non hanno le competenze richieste. A questi due problemi urgenti da risolvere se ne aggiunge un terzo: i giovani hanno esigenze che, spesso, non sono conciliabili con le esigenze produttive delle imprese.

Dalla pandemia di Covid in poi, infatti, il lavoro è passato in secondo piano rispetto alla gestione del proprio tempo e alla qualità della vita. Conciliare tutto non sempre è possibile specialmente quando si parla di lavori per i quali è indispensabile la presenza quotidiana in sede. Molti ragazzi e ragazze chiedono di poter lavorare in smart working ma non sempre si può fare.

Che fare per risolvere i tanti problemi che affliggono il mondo del lavoro? Sicuramente bisogna che scuola e imprese inizino a dialogare e bisogna che le nuove generazioni vengano formate tenendo conto delle competenze richieste dal mercato del lavoro odierno. In seconda battuta è necessario che le aziende diventino più flessibili e consentano ai lavoratori di conciliare in modo ottimale lavoro e tempo per se stessi. I tempi sono cambiati e noi dobbiamo adeguarci a tali cambiamenti o il fenomeno dei “cervelli in fuga” non avrà mai fine.

Samanta Airoldi

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