In vista delle elezioni amministrative, il Sindaco di Verona apre la caccia alle streghe: prendendo di mira i migranti.
Sono le prime ore del mattino quando la polizia locale raggiunge le ex officine Cardi a Chievo, a ovest del centro storico di Verona, non lontane dalla riva dell’Adige. Fondate nel 1919, diventate nel 2010 “Compagnia Italia Rimorchi”, le ex Officine hanno chiuso i battenti nel 2015, dopo anni di crisi. Da allora gli stabili di via Aeroporto Angelo Berardi 36 sono in stato di abbandono, in attesa che un compratore bonifichi l’area, il cui stato è recentemente peggiorato a causa di un incendio.
L’edificio, malsano e pericolante, è diventato però riparo per due persone, un uomo di 42 anni e una donna di 58, che vi si sono stabiliti. E così, quando le forze dell’ordine, su segnalazione del custode giudiziario, nella mattina di martedì 25 maggio hanno fatto un sopralluogo, i due sono stati scoperti, denunciati e sgomberati.
La notizia ha fatto presto il giro dei media locali. Con uno scarno comunicato il sindaco Federico Sboarina ha festeggiato l’azione anti-degrado puntando il dito contro chi “pensa di poter violare le regole e vivere ai margini della società”. Niente di nuovo: periodicamente assistiamo a operazioni di questo tipo, festeggiate con foto di rito e comunicati roboanti. Ma nelle ultime settimane le prese di posizione pubbliche sui temi di ordine e sicurezza sono aumentate: nell’aria c’è profumo di elezioni.
Così, il giorno successivo all’operazione nelle ex Officine Cardi, una simile è stata svolta alla ex Tiberghien, altra storica fabbrica veronese parzialmente demolita negli scorsi anni. Negli stessi giorni poi il sindaco ha rivendicato “controlli straordinari nei negozi etnici di Veronetta”, un’azione dal sapore discriminatorio: cosa si intende per “negozi etnici”, se non “gestiti da stranieri”? E cosa avrebbero in comune di così problematico da dover essere oggetto di controlli straordinari?
Ai commenti alle azioni demandate alla polizia locale, si aggiungono le dichiarazioni propagandistiche. Infatti, denunciando il rinnovo del bando accoglienza migranti in città, si sono accodati a questa ”allerta degrado” Vito Comencini, deputato leghista, Ciro Maschio, deputato di Forza Italia, e Daniele Polato, consigliere regionale ed ex assessore alla sicurezza della città scaligera (recentemente condannato per aver vidimato firme false nel 2015). A detta loro, si starebbero aprendo le porte a nuovi arrivi nella provincia.
Il caso, che ha avuto un’eco nazionale con l’intervento di Salvini, è un’emergenza creata ad hoc. Non è previsto nessun arrivo: il bando prevede il semplice rinnovo dei contratti per le strutture che ospitano le persone già presenti sul territorio veronese. Il Sindaco, per il ruolo istituzionale che riveste, avrebbe potuto chiarire con facilità la questione, ma non si è fatto sfuggire la polemica, altrimenti sarebbe finito in secondo piano rispetto ai suoi competitors elettorali. Così ha chiesto rassicurazioni al Prefetto, denunciando la politica del ministro dell’Interno Lamorgese, accusandola di non difendere adeguatamente i confini nazionali.
L’operazione politica e mediatica appare chiara, e non nuova, si punta il dito contro chi può essere rappresentato come un pericolo, una fonte di insicurezza, perché appare diverso. E così i concetti di degrado, di “etnico” e di pericolo, che sono categorie vuote e poco chiare, diventano utilissime per istituire ed etichettare chi va bene e chi no, cosa è giusto e cos’è sbagliato. Ma secondo quali parametri? Chiaramente quelli di chi governa, fa affari, costruisce il discorso pubblico: principi basati su identitarismo locale, incremento dei profitti e commercializzazione dello spazio pubblico. Principi per i quali è utile e conveniente prendersela con chi vive in condizioni di povertà, o con chi abita gli spazi in modo non canonico o non commercializzato.
Questa intensa serie di “azioni securitarie”, che colpiscono chi vive ai margini, nel nome di decoro, sicurezza e identitarismo, sembra configurare l’avvio della pre-campagna di Federico Sboarina in vista delle amministrative 2022. Ma non solo. Con questa caccia alle streghe, il Sindaco gioca anche un’altra partita: cerca di apparire saldo a Palazzo Barbieri, dove invece le criticità sono molte.
In primo luogo, la maggioranza che lo sostiene, di cui fanno parte anche i potenziali avversari alle prossime elezioni, cerca di sembrare unita, coesa contro le minacce; ma frizioni e litigi sono alla luce del sole ed affiorano soprattutto nei momenti cruciali delle nomine politiche o delle scelte economiche. Difficile dimenticare i continui cambiamenti che hanno caratterizzato la maggioranza: una decina di cambi di casacca in Consiglio e diversi avvicendamenti nella Giunta stessa.
Tra questi anche Andrea Bacciga, passato dalla lista di Sboarina alla Lega, assicurandosi così la presidenza della Commissione sicurezza. D’altro canto, l’amministrazione non gode di un forte consenso tra la popolazione. In un sondaggio di gennaio, l’agenzia Arcadia rilevava solo nel 4 % della popolazione un giudizio “molto positivo” sull’operato dell’amministrazione, mentre nel 16% del campione l’operato era giudicato “molto negativamente”.
Non sorprende se si pensa a questioni come il trasporto pubblico, tanto necessario quanto ignorato dagli investimenti comunali, il filobus, i cui cantieri sono stati aperti, poi chiusi, poi nuovamente aperti, senza una progettualità chiara; come poi non pensare al diluvio dell’agosto 2020, alla mancata manutenzione della rete fognaria e alla gestione del verde pubblico; per non parlare dell’assenza di una politica sociale forte, in particolare nel campo degli alloggi ed infine ai diritti civili e al trattamento delle minoranze, l’elenco sarebbe lungo.
In ultima analisi, queste “operazioni anti-degrado” mettono in luce due questioni: da una parte, il fallimento delle politiche anti-degrado, che sono state bandiera di ogni amministrazione veronese negli ultimi 15 anni; dall’altra, la presenza di aree veramente da recuperare e da rivalutare socialmente (gli edifici dismessi dell’ex Cardi e Tiberghien per esempio), che andrebbero trasformate in spazi per la comunità, ma in questo né l’imprenditoria, né la politica hanno saputo intervenire.
Il quadro che risulta chiaro è un duplice fallimento dell’amministrazione. Le politiche di promozione del decoro pubblico colpiscono le fasce più deboli della popolazione, ma non ne risolvono i problemi e le persone povere, senza fissa dimora, con difficoltà di inserimento sociale, non scompaiono nel nulla, mentre i luoghi da cui vengono sgomberate rimangono lì a ricordare quale sia il vero degrado cittadino: una politica che si ricorda del decoro solo per cacciare gli invisibili.
Secondo le regole più classiche della “guerra ai poveri”, il Sindaco e gli altri players elettorali hanno vita facile: prima mettono nel mirino chi sta nella fascia bassa della società o chi vive una condizione di debolezza, e poi magnificano le proprie azioni, rappresentandole come utili alla difesa della comunità. Bisognerà capire se la tecnica, effettivamente rodata e di successo, riuscirà a mantenere nell’ombra bisogni e problemi reali come la salvaguardia ambientale, la necessità di un trasporto pubblico, l’assenza di una politica sociale che affronti il futuro post Covid, la fame di diritti civili…Per ora, una sola cosa è chiara: la caccia alle streghe è aperta!