A differenza di Paganini, Lazzarato si ripete. Nuovo libro interessantissimo: questo lo specchio della Verona attuale.
Un nuovo libro. “L’intollerabile presente, l’urgenza della rivoluzione. Classi e minoranze” (ombrecorte, Verona 2022) conferma Lazzarato come uno dei più lucidi interpreti della situazione politica attuale, e come un intellettuale che ci aiuta a non fare del realismo un alibi per la depressione e il ritiro su di sé. “La più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste” diceva Charles Baudelaire e, con i dovuti cambiamenti, si potrebbe sostenere che per il capitalismo vale lo stesso. Non è una novità: da anni ormai moltissimi teorici anticapitalisti hanno posto l’attenzione su questa beffa del capitale: travestirsi da natura, pur essendo un’ideologia specifica, scritta dalla storia e nella storia.
Maurizio Lazzarato spinge più in là questa considerazione e riesce a mostrare la provenienza di tale concezione e, soprattutto, le sue conseguenze. Il gesto inaugurale del capitalismo è un’indebita appropriazione, fondata nel sangue e perpetuata con la violenza, a cui corrisponde sempre un’espropriazione. Così, le recinzioni inglesi di epoca elisabettiana rendono privata la proprietà della terra, ma per farlo devono sottrarla ai contadini, che devono quindi essere sottomessi; la scoperta delle Americhe consente di immaginare un enorme flusso di beni e profitti sul Vecchio Continente, ma perché accada bisogna schiavizzare gli africani, che devono quindi essere sottomessi; perché il tempo degli uomini sia dedicato al lavoro o al profitto è necessario che vengano sollevati, ad esempio, dall’ambito familiare, ma in quell’ambito è necessario relegare le donne, che devono quindi essere sottomesse.
Tutti questi esempi afferiscono a modelli politici ed economici che possono tradizionalmente essere definiti «precapitalisti», ma per Lazzarato le cose sono chiare: è proprio del capitale annettersi tutti questi modelli, riproducendoli su scala più grande e con maggior violenza. Ognuno di questi è un movimento di oppressione che crea la differenza tra oppressi ed oppressori. Ognuno di questi è un atto di guerra che, una volta sconfitti i vinti, li naturalizza.
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