25 aprile 25 aprile

Ma l’amor mio non muore

Un dossier per non dimenticare il 25 aprile, la Festa della Resistenza, giorno della lotta contro il fascismo, L’Italia libera.

Seduto nella neve in cima ad un’altura, Johnny fissa la valle dove un gruppo di bambini sta giocando. Rimuginando tra sé augura loro «bene e fortuna in quel mondo di dopo che egli aveva tanto poche probabilità di dividere con loro». Se la Liberazione del “mondo di dopo” è l’orizzonte di senso della lotta partigiana, il sentimento che la accompagna è senza dubbio l’amore. A distanza di 76 anni, ormai in pieno “mondo di dopo”, cosa ne è dei sentimenti e degli ideali che hanno caratterizzato la lotta antifascista? È questa la domanda a bruciapelo a cui questo dossier sul 25 aprile vuole dare una risposta. La nostra risposta, come suggerisce il titolo, è che l’antifascismo è tutt’altro che morto, le forme che assume, talvolta nuove, si sono adattate alla sfide del presente, ma la fiamma che scaldava Johnny seduto nella neve è ancora accesa.

Con questo dossier ci troviamo a poco più di un anno da quando, nel marzo 2020, aprivamo i battenti di Malora ragionando su un doppio spartiacque per la nostra città: il World Congress of Families da una parte, la resistenza creativa, determinata e plurale di Verona Città Transfemminista, dall’altra. In una città che ha fatto scuola nel rapporto tra istituzioni, estrema destra e tradizionalismo cattolico, una marea colorata e partecipata è stata fondamentale per costruire quella mobilitazione: un vero atto di liberazione e resistenza.

Oggi nel dibattito pubblico la festa della Liberazione è sotto attacco, denigrata e spesso ridotta a festività civile e a campo di lotta tra visioni del mondo differenti. Immersa in una retorica degli opposti estremismi che permea il dibattito su questioni di attualità, e sterilizzata da posizioni che provano in ogni modo a sminuirne la portata sia politica che storica. Eppure a settantasei anni dal 25 aprile 1945, giorno della Liberazione dall’occupazione nazi-fascista, siamo ancora convinti che quel movimento, costituito grazie alla partecipazione diretta di tante donne e tanti uomini, sia in grado di dirci molto sul presente che viviamo, spingendoci a riflettere sulle forme di sfruttamento e oppressione contemporanee, per costruire resistenza ed emancipazione. O dobbiamo pensare che gli ideali di uguaglianza e libertà, che hanno sconfitto il fascismo, siano stati ingrigiti dalla memorialistica o siano stati commercializzati dal mercato?

Con questo dossier scegliamo di guardare a quelle vicende in prospettiva, dal passato verso il presente: non dimentichiamo le ragioni storiche della lotta antifascista ma stiamo anche ben attenti a quei residui tossici del fascismo sparsi nella cultura locale e nazionale, siano essi nostalgia per la dittatura, prepotenza contro chi rimane indietro, supremazia di un’identità sulle altre, paura di chi si percepisce come diverso. Il fascismo insomma per noi non designa solo un momento storico, ma anche una tendenza illiberale e discriminatoria che continua ad abitare il presente. E purtroppo gli esempi in questo senso non mancano. In questi mesi di impoverimento economico, la destra cerca di cavalcare il disagio sociale con slogan da marketing elettorale che riprendono il discorso fascista. E da questi eventi, come avvenuto nell’ottobre 2020 a Verona, riescono a trovare visibilità mediatica e riscontro politico. Così, proteste nate da una condizione reale di esclusione e impoverimento, sono rese neutre da risposte mai veramente dalla parte di chi subisce. Eppure anche a Verona ci sono state alcune lotte effettivamente conflittuali che hanno puntato contro i privilegi, evitando queste semplificazioni, come lo sciopero di Amazon o la battaglia di lavoratrici e lavoratori della cultura. Ma altri esempi concreti di scorie del discorso fascista sono anche le campagne contro la cosiddetta ideologia gender e contro i migranti, che vengono portate avanti da esponenti della destra locale e che nel veronese continuano a trovare terreno fertile anche nelle istituzioni. Queste campagne ci mostrano come, pur non essendo un problema esclusivamente di estrema destra, sessismo, razzismo e omotransfobia fungono da collante per progetti politici neofascisti, anche a livello nazionale; progetti che se da una parte ci appaiono “fuori tempo”, dall’altra riescono ancora a influenzare il nostro presente, come recentemente accaduto in una scuola del veronese, dove un deputato e politico leghista è intervenuto contro un’assemblea degli studenti dedicata alla discussione di temi LGBT+.

Questi e molti altri sarebbero i casi negativi, il buio di un fascismo camuffato e sparpagliato nella cultura politica, ma noi guardiamo più in là, a una liberazione ancora possibile e a degli ideali di Resistenza ancora validi, praticabili e attualizzabili anche nella Verona del XXI secolo.

Infine ci sembra bello e importante sottolineare che tante persone hanno lavorato a vario titolo a questo dossier, e molte più voci singole e collettive hanno contribuito ai contenuti. Questo percorso ci fa quindi pensare al valore della condivisione, anche nel presente, degli ideali che hanno ispirato la Liberazione. E come questo dipenda dalla nostra abilità di costruire relazioni in cui possiamo rivendicare le differenze e al tempo stesso – come ha scritto Audre Lorde –  «imparare a usarle come ponti piuttosto che come barriere tra noi». Buona lettura!

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