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La battaglia femminista in Polonia La battaglia femminista in Polonia

La lotta transnazionale delle zie femministe

Le “zie” in Polonia hanno portato avanti la lotta femminista contro l’aborto, accompagnando le donne in stato interessante all’estero.

Il 22 ottobre dell’anno scorso il Tribunale Costituzionale polacco ha dichiarato incompatibile con la Costituzione l’aborto in caso di malformazioni del feto. Fino ad allora l’aborto era legale in Polonia solo in base ad alcuni criteri; pericolo per la salute della madre, stupro, incesto o, appunto, per malformazioni del feto.

La maggioranza degli aborti legali avveniva in virtù di quest’ultimo criterio (circa 1074 su 1100), pertanto la decisione del tribunale ha imposto alle donne il quasi totale divieto dell’aborto. La sentenza del tribunale, da molti ritenuto politicizzato, ha suscitato sdegno nella popolazione. Le cittadine polacche hanno manifestato la propria rabbia scendendo per le strade in circa 600 differenti località, chiedendo le dimissioni del governo. Nonostante la sentenza sia stata ufficializzata il 28 gennaio di quest’anno, le donne polacche hanno costruito rete in tutto il mondo e non hanno intenzione di arrendersi. Nella giornata dell’otto marzo scendono in piazza per proporre un disegno di legge cittadino di “aborto senza compromessi”.

Per questa giornata proponiamo un’intervista con una delle “zie” che aiutano le donne polacche ad abortire all’estero. Le zie sono nate in seguito alla sentenza del tribunale polacco per costruire “ziorellanza” in Europa. Tra queste ci sono: Ciocia Czesia (zia ceca), Ciocia Basia (zia tedesca), Ciocia Wienia (zia di Vienna, Austria), Ciocia Frania (zia di Frankfurt, Germania) e tante altre ancora, che si stanno formando proprio in questi giorni. Oggi parleremo con le nostre zie della Repubblica Ceca, Marta e Ania. Per sostenere le nostre zie potete accedere alla raccolta fondi dal link in basso!

La zia difende, la zia consiglia, la zia non ti tradirà mai! Come è nata Ciocia Czesia (leggi ciocia cescia) e quando? 

“Ciocia Czesia nasce a fine dell’ottobre 2020, dopo essere venute a conoscenza della sentenza del Tribunale Costituzionale polacco. Alcuni articoli e reazioni ad essi hanno iniziato ad apparire sui social media. Noi stesse abbiamo reagito attraverso commenti ed è così che ci siamo conosciute. Prima non ci conoscevamo nel mondo reale, anche se viviamo tutte a Praga. Ora c’è una persona che lavora con noi che vive a Ostrava, ma siamo tutte di Praga. Cioè viviamo a Praga, ma siamo tutte polacche. Sulla base dei commenti che abbiamo pubblicato sotto gli articoli, su questa situazione in Polonia, abbiamo deciso di incontrarci. Non era possibile nel mondo reale, perché c’era già un secondo lockdown nella Repubblica Ceca, quindi abbiamo semplicemente fatto una chiamata via Internet e abbiamo deciso di iniziare ad agire”.

È stato tramite Facebook o un altro canale social?

“Abbiamo seguito la notizia su Facebook e altri media e ci siamo conosciute grazie ai commenti. In particolare c’era un articolo sul cambiamento nella legge polacca rispetto all’aborto ed eravamo tutte furiose, e una di queste persone ha scritto: “ehi, dobbiamo fare qualcosa, incontriamoci”. Alla prima chiamata c’erano sedici persone, ora siamo in quattordici. Nel frattempo la formazione è cambiata un pò ma è iniziata così, con i commenti su Facebook e il fatto che avevamo la stessa opinione sull’argomento”.

Com’è strutturata la vostra organizzazione, quali ruoli ricoprite e come vi completate a vicenda?

“Ci sono quattordici persone nel gruppo base, il quale è cambiato nel tempo perché siamo tutte attive, lavoriamo tutte professionalmente. Quindi “Ciocia” è un’attività per la quale non chiediamo alcun compenso. Lo facciamo nel nostro tempo libero. In verità, a volte lo facciamo anche durante il nostro orario di lavoro, semplicemente in ogni momento libero. Ci sono persone nel nostro gruppo con background completamente diversi ed esperienze completamente diverse, con una storia diversa. Tuttavia, ognuna di noi ha alcune abilità in cui va meglio. Quindi, abbiamo diviso intuitivamente i compiti in base a ciò in cui ciascuna si sentiva più a proprio agio. Alcune persone sono in contatto con i media, alcune sono responsabili dei nostri social. Soprattutto all’inizio c’erano alcune persone che erano responsabili del “research”. Dovevamo trovare cliniche che volessero collaborare con noi. Così come è stato necessario verificare se questi luoghi fossero affidabili, se fossero disponibili alle persone straniere e così via. Alcune persone, un gruppo più piccolo, erano responsabili del coordinamento dei volontari. Fin dall’inizio le persone hanno iniziato a venire da noi con una proposta di aiuto vario, nelle traduzioni, nei trasporti o negli alloggi”.

“Poi, ovviamente, abbiamo anche persone che sono responsabili di azioni ad hoc, rispondere a chi vuole aiutarci in vari modi. Ad esempio ci hanno contattato per la raccolta fondi, per sostenerci con qualche azione artistica. C’erano, ad esempio, le persone di AMU (galleria d’arte) che hanno organizzato una beneficenza destinata alla “zia”. Anche i tatuatori hanno offerto i loro servizi e le persone hanno pagato i tatuaggi, appositamente preparati per questa occasione, allo scopo di raccolta. È difficile nominarli tutti, a volte erano occasioni sorprendenti. Quindi c’erano persone che lo coordinavano. Ad un certo punto, ci siamo rivolti anche ad organizzazioni legali. Abbiamo scritto una lettera ufficiale al Ministero della Salute e al primo ministro, abbiamo anche ricevuto il sostegno del Partito Pirata di opposizione, che è il principale partito di opposizione nella Repubblica ceca. Abbiamo ricevuto supporto da varie organizzazioni non governative. Abbiamo quindi ricevuto aiuto da tutte le parti”.

Una mobilitazione dell’intera società!

“Sì, anche i cechi e le persone in Polonia ci hanno sostenuto, nessuna di noi aveva esperienza tranne una delle ragazze che era già attivista. Grazie a lei siamo riuscite a contattare organizzazioni in Polonia che si occupano di consentire l’aborto alle polacche all’estero. Siamo in contatto il più possibile anche con altre zie, come Ciocia Basia (Germania) e Ciocia Wienia (Austria), ma anche con Abortion Dream Team, che è la principale organizzazione che aiuta le donne in Polonia”.

Quindi vi sostenete a vicenda, potreste dire che c’è un’intera rete in Europa in questo momento?

“Sì, sostegno tra sorelle (dice sorridendo)”.

Quante donne avete già aiutato?

“Questa settimana abbiamo chiuso il nostro centesimo caso. Abbiamo sostenuto cento donne, ma non è che tutte coloro che si sono presentate abbiano abortito de facto in Repubblica Ceca, perché ci si rivolge a noi per vari motivi. A volte è per un consiglio, conferma se, ad esempio, vale la pena consigliare la clinica che una determinata persona ha trovato tramite Internet. Alcune donne sono in grado di coprire i costi del viaggio nella Repubblica Ceca e dell’aborto da sole, ma altre non possono permetterselo e noi supportiamo anche loro”.

«VOGLIAMO CHE LE PERSONE IMPARINO CHE CIÒ CHE STA ACCADENDO NON PUÒ AVERE LUOGO IN UN PAESE EUROPEO»

Fino a quale settimana si può abortire nella Repubblica Ceca?

“In generale, è legale nella Repubblica Ceca fino alla 12a settimana di gravidanza, senza fornire alcuna motivazione. Nessuno chiederà perché la persona abbia deciso di sottoporsi alla procedura. Da 12 fino a 22 settimane, dovresti avere un certificato medico e una conferma del motivo per il quale questa gravidanza deve essere interrotta. Tuttavia, dopo la 22a settimana, è ancora possibile eseguire un aborto, ma si tratta di procedure più complicate e, ovviamente, possono essere eseguite solo dopo un consulto medico e dopo aver presentato tutti i documenti richiesti. Tuttavia, è possibile in qualsiasi momento se la vita della donna è in pericolo”.

Ci sono donne che non possono permetterselo, le sostenete anche economicamente?

“E’ proprio per questo che, sin dall’inizio, sapendo che ci saremmo imbattute in casi del genere, in cui una determinata persona non sarebbe stata in grado di sostenere i costi della procedura, abbiamo avviato la raccolta, seguendo l’esempio di altre organizzazioni. Ad oggi, abbiamo raccolto 50.000 PLN (circa 10.800€), alcuni dei quali già spesi per il trattamento delle persone che ci hanno chiesto tale supporto. Da lunedì apriamo una nuova raccolta fondi, perché abbiamo raccolto l’importo massimo che il sito consente, ma ovviamente non è l’importo che ci basterà per molto tempo perché circa 2.000 PLN (circa 435€)  è il costo di un aborto, in totale. Possiamo già vedere una certa tendenza in cui sempre più persone si rivolgono a noi per chiedere aiuto, quindi pensiamo che questo fondo dovrebbe essere attivo tutto il tempo. Pertanto contiamo sul supporto di persone che sostengono la nostra causa e vogliono aiutare”.

Ora una domanda ad Ania. La lotta per il diritto all’aborto in Polonia rappresenta oggi la lotta per la libertà. Come ti senti riguardo all’aborto come donna, cosa rappresenta per te il diritto libero all’aborto?

“Come donne, la questione dell’aborto e dell’accesso libero all’aborto mi tocca assolutamente ogni giorno, perché ogni giorno voglio poter fare scelte consapevoli sulla mia vita. Il diritto di decidere sul proprio corpo, destino e vita, dovrebbe essere un diritto universale di ogni essere umano, e una gravidanza indesiderata può definire questa vita non solo per 9 mesi, ma per molti anni. Quindi il diritto libero all’aborto rappresenta per me il mio futuro, le prospettive e le opportunità che mi aspettano, rappresenta la mancanza di paura per il domani che non voglio, rappresenta una scelta consapevole e le sue conseguenze, buone o cattive che siano. Penso che tutto questo possa essere definito come libertà personale, quindi sì, l’aborto è libertà”.

Penso che in questi mesi di proteste, non solo le donne polacche ma anche le donne che ci hanno seguito all’estero si siano sentite più forti. Nonostante la sentenza del Tribunale costituzionale polacco, è nata una consapevolezza generale del proprio corpo e del diritto di scelta. Ti consideri guerriera? 

“Quando ho visto le foto delle proteste a Varsavia e uno dei motto dello sciopero: “to jest wojna” (questa è una guerra), ho sicuramente intravisto guerriere in queste donne. Non so se, quando stavano scioperando, abbiano pensato a quanto loro e tutto ciò che sta accadendo intorno a loro possa essere fonte di ispirazione. Ispirare a intraprendere ulteriori azioni, educare sull’aborto, lavorare, essere in grado di rendere questa libera scelta disponibile alle donne in Polonia e oltre. Prima di questa domanda, non ho mai pensato a me stessa come una guerriera, ma riflettendoci, tutte le zie ceche possono essere considerate combattenti nella guerriglia abortista, per il sistema di libertà che dovrebbe far parte della vita di ogni donna”.

Cosa significa per te solidarietà? 

“Per me la solidarietà è una forza che deriva dall’empatia, dalla compassione e dalla disponibilità ad aiutare. Non distogliere lo sguardo quando gli altri vengono feriti e alzarsi per combattere insieme, anche quando non siamo direttamente interessati dal problema”.

Come possiamo supportarvi?

“Come ho detto prima, abbiamo una raccolta fondi dalla quale vengono stanziati tutti i proventi per coprire l’aborto, le spese di trasporto ed eventuali costi aggiuntivi. Siamo tutte volontarie e non addebitiamo alcun costo. Pertanto, tutto il denaro dei nostri donatori viene indirizzato a questo scopo. Inoltre, chiediamo cortesemente il vostro sostegno, se qualcuno ha questa opportunità, saremo sicuramente molto contente e sarete consapevoli che questi soldi sono stati usati nel modo giusto e spesi nel caso giusto.

Se qualcuno non può permettersi un sostegno finanziario, saremo anche lieti se condividerete nostre informazioni su Facebook o Instagram perché più le persone ne sentono parlare, più avremo l’opportunità di istruire e rendere le persone che vivono all’estero consapevoli di ciò che sta accadendo in Polonia e quanto sia incompatibile, ad esempio, con il diritto dell’UE.

In tutti i paesi europei la situazione rispetto all’aborto è completamente diversa, quindi siamo costantemente scioccate dal fatto che in uno dei paesi che si trova al centro dell’Unione europea, vige una delle leggi sull’aborto più restrittive al mondo. Quindi saremo molto contente se ci mettete un like sui social network. Siamo anche molto felici di parlare con i giornalisti e la stampa, con tutti i media, perché da una parte vogliamo parlare di quello che stiamo facendo qui, così che le persone che si trovano in una situazione difficile possano rivolgersi a noi, vogliamo anche sensibilizzare. Vogliamo che le persone imparino che ciò che sta accadendo non può avere luogo in un paese europeo. Quindi penso sia educare, che informare. Penso che sia importante perché anche solo attraverso una pressione internazionale siamo in grado di cambiare qualcosa”.

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