Non c’è nulla di più intrigante che mescolare classici letterari con storie moderne e sorprendenti.
“Non sono quello che sono”, il film diretto e interpretato da Edoardo Leo, è un audace intreccio di drammi shakespeariani e realtà criminali, che promette di catturare l’attenzione degli spettatori. In uscita dal 14 novembre con Vision Distribution, la pellicola si muove tra la poesia di Shakespeare, in particolare la tragedia di Otello, e il brutale mondo delle bande che operano sulla costa romana del Lazio.
Anno 2001. Siamo nel bel mezzo di una banda che, dall’esterno, potrebbe sembrare affascinante ma che in realtà è pervasa da conflitti e rivalità interne. Il protagonista, Otello, non va confuso con il personaggio dell’opera originale, ma rappresenta un capo che, nonostante la sua autorità, fa emergere lati vulnerabili nella sua leadership. La figura centrale dell’invidia è Iago, con il volto di Edoardo Leo, che non è solo un luogotenente pieno di bile verso il suo capo ma anche un abile manipolatore. Iago trama nell’ombra, per ottenere ciò che desidera a qualunque costo, e il suo piano osceno coinvolge l’innocente Desdemona, interpretata da Ambrosia Cardarelli, col ricatto di un presunto tradimento.
Così, facendo leva sul rancore e sull’avidità, la narrazione si sviluppa in un thriller avvincente, denso di atmosfere cupe e mascalzone. I dialoghi tratti da Shakespeare vengono reinterpretati in dialetto romano, creando un contrasto potente che trasporta lo spettatore nel cuore pulsante e malato di una società sfilacciata. Mentre le onde del mare in inverno si infrangono su una spiaggia deserta, i personaggi sembrano intrappolati in un destino ineluttabile, dove la speranza sembra essere un lusso impossibile da concepire.
la genesi del progetto e il richiamo del classico
Dietro a “Non sono quello che sono” c’è non solo un lavoro di attore ma anche un lungo processo di scrittura e riflessione da parte di Edoardo Leo. L’idea di adattare Otello risale a quindici anni fa; Leo percepiva già allora la modernità sorprendente della tragedia shakespeariana. Ma, come spesso accade nei progetti creativi, l’idea iniziale ha subito vari slittamenti, e solo ora è finalmente riuscito a dare vita alla sua visione. “Ho sempre pensato che fosse un progetto audace e, diciamolo, ho avuto delle esitazioni,” confessa l’artista.
Punto di svolta nella realizzazione è stata la lettura di un articolo disturbante riguardo a un omicidio domestico che l’ha spinto a riflettere sulle dinamiche psicologiche complesse che Shakespeare esprime nei suoi testi. La realtà è che, sebbene il background sia radicalmente diverso, il messaggio rimane sorprendentemente attuale. Il film non è semplicemente un’operazione letteraria, ma un’affermazione audace sulle pulsioni umane, sull’odio e sull’amore, sempre in ballo su un filo molto sottile.
sfide e provocazioni: cosa aspettarsi dal film
Prepararsi a immergersi in “Non sono quello che sono” significa essere pronti a subire un’esperienza cinematografica che non brama di compiacere. Edoardo Leo si avventura in un territorio poco battuto, dove il mix vincente tra dramma, emozione e cruda realtà si traduce in una sorta di opera potente e spiazzante. La transizione dagli antichi versi di Shakespeare ai dialetti moderni del litorale romano rappresenta un’operazione di grande coraggio, un tentativo di avvicinare un pubblico contemporaneo a tematiche sempreverdi.
La pellicola è destinata non solo a colpire gli amanti dell’arte ma anche a sollecitare riflessioni profonde. In un’epoca dove il confine tra bene e male è spesso sfocato, ecco che “Non sono quello che sono” diventa un invito provocatorio a riconsiderare le proprie certezze. I marchi culturali veneti dal passato possono presentarci una lente tramite la quale guardare al presente, un modo per scavare nel fondo dell’animo umano. In questa avventura cinematografica, Leo dimostra che è possibile rimanere fedeli a giovani genius e allo stesso tempo raccontare storie che parlano con chiarezza al nostro tempo.